mercoledì 17 luglio 2013

Un covo di vipere

Ricordo che nel ’97, quando sentii parlare per la prima volta di un certo Andrea Camilleri che cominciava ad avere successo scrivendo in siciliano, pur avendo cara quella terra nel mio cuore mi ritrovai restìo ad intraprenderne la lettura, ritenendo a torto che uno scrittore dialettale non mi interessasse a priori. Ma l’anno successivo comperai il primo libro della saga di Montalbano, La forma dell’acqua, proprio mentre mi trovavo in vacanza a Siracusa - forse coinvolto dal fascino della città - ed ebbi modo così di assestare un duro colpo ai miei pregiudizi.


Nei quindici anni trascorsi da allora ho letto quasi per intero l’opera omnia del prolifico autore - controllando la mia libreria conto 61 volumi con il suo nome sul dorso – decidendo di astenermi dal comperare le ultime uscite solo negli ultimi mesi, quando cioè la mia personale riprovazione nei confronti della politica commerciale degli editori che pubblicano Camilleri ha superato l’aspettativa del piacere di gustarmi ogni nuova uscita. Anche perché la piacevolezza del gustare era stata ormai guastata dalla sopraggiunta indigestione.
Purtroppo, dal momento che Camilleri vende, Sellerio, Mondadori, Rizzoli, Skira, Libreria dell’Orso, Donzelli, Minimum Fax e altri editori si sono buttati come iene sull’affare e stampano qualsiasi sciocchezza esca dalla penna o dalla bocca del nostro e si sa, la quantità va sempre a scapito della qualità. Dai romanzi ai racconti ai saggi ai pensieri ai giudizi alle interviste ai dialoghi ai commenti ai ripensamenti è un continuo succedersi in libreria di opere del, e sul, nostro, in una rincorsa al ricavo che non lascia respiro, e nella quale si calpestano più che spesso i dogmi di quella qualità letteraria sempre tenuta in primo piano da Elvira Sellerio finché è rimasta in vita.
Al momento quindi mi sono imposto, nonostante le migliori opere di Camilleri siano alcune tra quelle al di fuori della saga di Montalbano, di comperare solo gli aggiornamenti relativi a quest’ultima, e non posso fare a meno anche in questo caso di rimanere deluso e amareggiato dalle scelte commerciali della Sellerio post-Elvira. Scelte che lo stesso Camilleri sono convinto abbia faticato ad accettare nonostante le entrate pecuniarie.
Un covo di vipere è un romanzo scritto nel 2008 che esce nel 2013, squassando la successione temporale che gli affezionati lettori del Commissario seguono con apprensione, segretamente sperando in ogni nuova puntata che il protagonista si decida finalmente a piantare del tutto quella scassacabasisi di Livia invece che limitarsi a cornificarla ogni tanto sia con i pensieri che agendo di concreto. La stessa operazione era già stata portata a compimento con Una voce di notte, uscito nel 2012 e nel quale lo stesso Camilleri a fondo libro avvertiva che il romanzo era stato scritto “alcuni anni prima”. Ma se un autore scrive e poi mette da parte, una ragione ci sarà.
La struttura del romanzo si articola sui soliti diciotto capitoli tra le 15 e le 25 pagine ciascuno e presenta la piacevolezza alla quale Camilleri ci ha abituato, seppur con qualche nota stonata che consiste sia nella facilità per il lettore di capire immediatamente chi è l’assassino, togliendo quindi tutta la tensione derivante dalla sua individuazione, sia nel restare spaesati di fronte, come si è detto, alle incongruenze comportamentali dei personaggi in seguito allo sfasamento della linea temporale. Ma nel complesso il libro si legge bene e fornisce “quasi” lo stesso piacere dei migliori pezzi della saga.
Certo, forse è troppo confidare in una raffinatura critica un pochino più accentuata da parte di Sellerio, ma continuo comunque a sperare in un futuro diradamento delle uscite che non condurrebbe ad altro che ad un aumento della qualità: Camilleri rimane sempre Camilleri, ma non è detto che “tutto” quello che scriva sia pubblicabile.

Il Lettore 

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