martedì 23 luglio 2013

Alcune differenze tra scrittori dilettanti e scrittori professionisti

Io leggo tanto. Ma tanto veramente. Tanto che a volte questa attività assume un aspetto inquietantemente compulsivo. Per mio puro piacere leggo scrittori che pubblicano per mestiere, e come passatempo non retribuito valuto i testi di aspiranti scrittori che ambirebbero a pubblicare. E di conseguenza leggendo entrambi, professionisti e dilettanti, non posso fare a meno di notare le macroscopiche differenze che traspaiono dagli elaborati redatti dagli appartenenti a queste categorie. Tra i giocatori di bridge circola la voce che la differenza tra un dilettante e un professionista del gioco consiste nel fatto che quest’ultimo non sbaglia mai i contratti semplici. Nel campo della scrittura le differenze tra le due figure ritengo siano molte, ma molte di più:

Gli scrittori dilettanti sono convinti di aver già imparato a scrivere alle elementari; gli scrittori professionisti continuano ad imparare a scrivere leggendo molto ogni giorno.
I dilettanti si abbandonano al piacere di descrizioni prolisse e inutili svisceramenti di stati d’animo; i professionisti scrivono solo brani essenziali alla narrazione e non si perdono in superflui allungamenti.
I dilettanti si lasciano trasportare dal vento; i professionisti seguono una rotta.
I dilettanti si innamorano del suono dei termini che usano; i professionisti vanno a guardare sul dizionario il significato esatto.
I dilettanti spargono le virgole come capita capita; i professionisti conoscono la grammatica, e quando hanno dei dubbi la ripassano.
I dilettanti scrivono quando il loro animo è tormentato; i professionisti tutti i giorni.
I dilettanti consentono all’autore che stanno leggendo al momento di influenzare il proprio stile; i professionisti rubano, ma non copiano.
I dilettanti scrivono raccontando a se stessi storie che conoscono già; i professionisti raccontano storie perché qualcun altro che non le conosce le legga e le comprenda.
I dilettanti non sono mai sicuri che tu abbia ben capito il concetto, e allora te lo rispiegano tre volte; i professionisti pensano che se non lo capisci alla prima sono cazzi tuoi.
I dilettanti sono convinti che la trama appena ideata sia il massimo dell’originalità; i professionisti non sono mai sicuri che la trecentesima modifica funzioni davvero come vorrebbero.
I dilettanti spesso commentano se stessi; i professionisti non ne sentono il bisogno.
I dilettanti pensano di essere obbligati ad elargire morali; i professionisti forniscono il materiale e lasciano che il lettore si tragga le morali da solo.
I dilettanti considerano gli “a capo” facoltativi; per i professionisti sono essenziali.
I dilettanti devono riempire i testi di densi significati; i professionisti solo quando lo ritengono necessario.
I dilettanti amano infiorettare il testo di avverbi e aggettivi; i professionisti usano gli aggettivi necessari e di avverbi meno ce ne sono e meglio è.
I dilettanti esagerano; i professionisti moderano.
I dilettanti si sentono in dovere di rendere poetici i loro testi; i professionisti no.
I dilettanti non correggono quasi mai, e se lo fanno trovano sempre qualcosa da aggiungere; i professionisti tutte le volte che correggono tagliano qualcosa.
Terminato un testo, i dilettanti ritengono che sia l’opera più bella mai scritta al mondo; i professionisti sono tormentati dai dubbi.

Lo Scrittore & il Valutatore

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